Caruso

Ciao, mi sei venuto in mente ricordando le parole di Caruso.
Mi sei venuto in mente perché ti perdo ogni giorno di più e in questa notte sento che altri ricordi di te scivolano via come sabbia dalle mani. Ti ho sognato e di tutte le reazioni che potevo avere, la più naturale è stata quella di correrti in contro piangendo. Volendo solo sprofondare in un tuo abbraccio. Che, onestamente, i tuoi abbracci erano duri e sembrava di stringere una statua di pietra, ma erano un rifugio sicuro.
Sai, in questa notte, osservo il nero delle tenebre e ti rivedo in quella piccola cucina, seduto al tuo tavolo a bere vino, fissando con sguardo malinconico il liquido rubino mentre dalle imposte socchiuse del terrazzo filtrano le deboli luci della notte e una falce di luna che come una comare sbircia i silenzi di pensieri ed elucubrazioni.
Ti rivedo sempre a quel tavolo, afflitto, chino, smarrito dalla vita, vulnerabile, confuso, in balia di tutto e nulla e mi dolgo nella convinzione che tutto ciò che ho fatto e avrei potuto fare non è bastato a salvarti dal fondo.
Ti ripenso in un bacio, dato di mattina con il caffè sul comodino e mi chiedo perché i risvegli così non siano d’obbligo invece di rimanere ricordi lontani e ormai lisi.
No, non ho spazio per altri sorrisi o altri affetti. Il male causato s’è portato via anche le ultime speranze. Ogni tanto m’illudo, come farebbe ogni essere umano, ma poi l’illusione svanisce e rimango nel buio. Pare che sia diventato il mio posto preferito, la mia ancora di salvezza, il nascondiglio perfetto dove togliere la maschera e piangere il defunto.
Sai, ho continuato con i tuoi insegnamenti. È tutto ciò che mi rimane: ricordi e mestieri e li continuò a fare nonostante porti il lutto della tua perdita… sì, non sei morto, ma è come se lo fossi, no? Piango chi non c’è più, chi non rivedrò più, chi non sentirò più e ,in fondo, è un lutto anche questo.
Non ti chiederò come stai, non lo voglio sapere. Non sopporterei l’idea che per te la vita sia continuata mentre io vivo nel limbo.
“Qui dove il mare luccica e tira forte il vento…” mi ricorda le acque blu, i rumori, gli odori, mi riporta esattamente lì dove ero e dove non sarò. Ricordo le lacrime, gli addii, quel sentore di “mai più” e, Dio, se fanno male! Come si fa a vivere con la consapevolezza della fine? Come si affronta tutto sapendo che finirà?
Non ho auguri in questa mia lettera, non ho speranze perché sto guardando solo indietro e la speranza è per chi guarda al futuro, è per chi si aspetta qualcosa ancora, mentre io non ho nulla d’attendere.
Non ti porto saluti, un addio è per sempre altrimenti ci si dice arrivederci e prima o poi il giro di vite ci fa tornare da chi abbiamo salutato. Gli addii sono i “mai più” augurati alle anime perse in questa vita o nell’altra. Sono strade interrotte, ferrovie ormai storte.
“Sentì il dolore nella musica
E si alzò dal pianoforte ma quando vide uscire
La luna da una nuvola
Gli sembro più dolce anche la morte”.

Autore: labottegasilenziosa

Amo tante cose, sopratutto la fotografia, la lettura, la scrittura e i miei ricordi.

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